Lettura del celebre libro di Mihaly Csikszentmihalyi sull’esperienza ottimale
Uno dei miei interessi costanti nel tempo è stato il fascino per l’eccellenza umana. Mi sono spesso chiesto: perché e come alcuni esseri umani riescono a raggiungere grandi risultati? Quali sono i segreti dietro il genio, l’innovazione, le grandi vittorie sportive, i nuovi business?
Nel mio quotidiano errare tra articoli e libri che riguardano questo argomento, ad un certo punto mi sono imbattuto in un articolo ben titolato e scritto su quella che ritengo una delle rare fonti giornalistiche scritte in italiano e degne di essere lette, il giornale online Il Post.
Il titolo è promettente e l’articolo cita un libro famoso, un classico sull’eccellenza umana nel campo della psicologia sociale: “Flow, Psicologia dell’esperienza ottimale”.
E’ scritto da Mihály Csíkszentmihályi, (si pronuncia Cizenmiháli), un professore e psicologo ungherese diventato famoso per i suoi studi e ricerche e soprattutto conosciuto per ave coniato il termine: “Flow” che è appunto l’oggetto del libro.
Che cosa è questo benedetto Flow? Ero incuriosito da tempo da questo concetto e quindi era arrivato il momento di scoprirlo con la lettura del libro. Non ti faccio penare e vado al dunque, in modo tale che se ti interessa prosegui altrimenti ci salutiamo qui.
Il flow tende a presentarsi quando una persona affronta una chiara serie di obiettivi che richiedono risposte adeguate. È facile entrare nello stato di flow in giochi come gli scacchi, il tennis o il poker, perché hanno scopi e regole per l’azione che permettono al giocatore di agire senza stare a interrogarsi su che cosa andrebbe fatto e come. Per la durata del gioco chi vi partecipa vive in un universo a parte dove tutto è bianco e nero.
La stessa chiarezza di obiettivi è presente quando qualcuno svolge un rito religioso, suona un brano musicale, tesse un tappeto, scrive un programma informatico, scala una montagna o esegue un’operazione chirurgica. Quelle che inducono lo stato di flow si possono chiamare «attività di flow» perché rendono più probabile il verificarsi dell’esperienza.
In buona sostanza, e tutti abbiamo provato almeno una volta questa sensazione, il flow, o in italiano diremmo di “stare nel flusso” è quella situazione in cui siamo talmente presi e concentrati nel compiere una attività da non accorgerci del passare del tempo o di quello che ci accade nelle nostre vicinanze.
L’aspetto più interessante della questione è che questo “stato” viene messo in relazione ad altri tipi di concetti riassunti dall’azzeccato titolo de Il Post. Cosa fa stare bene le persone, cosa è la felicità, come si combatte la noia, come dare significato alle proprie giornate, come rendere la vita più densa di significato.
Devo subito svelare cosa non mi è piaciuto del libro. Sarà che è stato scritto nel 1990, cioè ben 33 anni fa, ma nella seconda parte del testo il simpatico autore ungherese lascia intravedere una sua visione della società e della vita che oggi si potrebbe dire eccessivamente conservatrice.
L’ importanza di genitori “di sesso opposto”e della disciplina in un sistema di educazione nella famiglia, gli stranieri visti come minaccia, il sesso eccessivo senza legami, ecc.. sono considerazioni del tutto personali, non confutate da dati che rilevano una visione della vita e della società del tutto opinabili e che c’entrano zero con l’indagine che invece lui fa (con migliaia di dati quantitativi a supporto) sul “flusso dell’esperienza ottimale”.
Tornando al “Flow” l’autore illustra tutti i segnali che ci indicano cosa esattamente ci porta in questa fase:
Se le sfide sono troppo alte si resta frustrati, Se le sfide sono invece troppo basse ci si rilassa e poi ci si annoia.
Un’altra caratteristica delle attività di flow è che forniscono un riscontro immediato: dicono chiaramente quanto state facendo bene. Dopo ciascuna mossa di un gioco potete capire se avete migliorato la vostra posizione o no; a ogni passo uno scalatore sa di essere salito più in alto; dopo ogni verso di una canzone potete sentire se le note cantate corrispondono allo spartito…..
Le esperienze ottimali di solito implicano un sottile equilibrio tra l’abilità di agire del soggetto e le opportunità di azione disponibili. Se le sfide sono troppo alte si resta frustrati, poi ci si preoccupa e alla fine si diventa ansiosi. Se le sfide sono invece troppo basse in rapporto alle proprie capacità ci si rilassa e poi ci si annoia..
Una persona in stato di flow è perfettamente concentrata, focalizzata, ha gli obiettivi chiari, sa esattamente cosa fare passo dopo passo.
E qui veniamo al primo interrogativo: quando si è in stato di flusso, si è felici?
Se uno scalatore si prende il tempo di sentirsi felice mentre affronta una manovra difficile, potrebbe cadere giù dalla montagna; il chirurgo non può permettersi di provare felicità durante un’operazione difficoltosa, né può farlo un musicista mentre suona una partitura impegnativa. Solo una volta assolto il compito abbiamo il tempo per ripensare a quanto è successo, e a quel punto veniamo sommersi dalla gratitudine per l’eccellenza di quell’esperienza: solo allora, retrospettivamente, siamo felici.
Quindi l’esperienza di flow è una sorta di calamita per l’apprendimento, qualcosa che stimola a nuovi livelli di sfide e capacità.
Tuttavia non è sempre così nelle nostre vite né tantomeno il fenomeno avviene così frequentemente perché sempre per dirla con l’autore:
ci sentiamo troppo annoiati e apatici per spostarci nella zona del flow, perciò preferiamo riempirci la testa di stimoli prefabbricati e preconfezionati prendendoli dallo scaffale dei video o di altri prodotti dell’industria dell’intrattenimento; oppure ci sentiamo troppo sopraffatti per pensare di poter sviluppare le capacità adeguate, perciò preferiamo sprofondare nell’apatia generata da rilassanti artificiali come droghe o alcol.
Secondo le interviste condotte dall’autore, la gente raramente riferisce di esperienze di flusso in attività passive come guardare la tv o rilassarsi, (o scrollare continuamente il cellulare sui social media aggiungo io, visto che nel 1990 non avrebbe potuto scriverlo lui).
Lo stato di flow è di solito legato ad hobbies preferiti: cucinare, ascoltare musica, fare giardinaggio ed anche al lavoro per coloro che prendono l’attività nel giusto verso.
Un altro spunto assai interessante è relativo alle interazioni tra le attività e il tempo che utilizziamo compiendo le attività.
sebbene il cibo sia una fonte di buonumore, non possiamo conseguire la felicità mangiando giorno e notte. I pasti innalzano il livello di felicità, ma solo se trascorriamo circa il 5% del nostro tempo di veglia mangiando; se passassimo il 100% della giornata a mangiare, il cibo smetterebbe presto di essere gratificante. Lo stesso vale per la maggior parte delle altre cose belle della vita: fare sesso, rilassarsi, guardare la televisione, in piccole dosi, tendono a migliorare la qualità dell’esistenza quotidiana in modo considerevole, ma gli effetti non sono cumulativi; si raggiunge presto un punto di rendimenti decrescenti.
Questo concetto, è molto innovativo e rivoluzionario per gli anni ’90. Infatti non solo verrà confermato ma spiegato con maggiori dettagli da studi moderni basati su neuroscienze ed in particolare dal funzionamento della dopamina nel nostro corpo, concetto che ho trovato nel bellissimo libro: L’ era della dopamina di Anna Lembke (su cui scriverò prossimamente).
Secondo gli studi e le interviste effettuate dal gruppo di lavoro dello psicologo ungherese: “lo svago attivo produce la migliore esperienza complessiva, mentre i lavori domestici, la cura personale e l’ozio provocano quella peggiore. Perciò il primo passo per migliorare la qualità della vita consiste nell’organizzare le attività quotidiane in modo da ricavarne le esperienze più gratificanti.”
Quindi per migliorare la nostra vita occorre organizzare le attività quotidiane in modo da ricavarne le esperienze più gratificanti.
Un altro concetto che è diventato un pilastro di tutta la letteratura successiva sul tema del miglioramento personale o sul self-help per dirla nella dizione anglosassone.
Siamo sempre nel 1990 e l’autore introduce un altro concetto che oggi è pilastro di tutte le strategie per stare meglio:
Quindi il primo passo per migliorare la qualità della vita consiste nel prestare una grande attenzione a quello che facciamo ogni giorno e prendere nota di come ci sentiamo nelle diverse attività, nei diversi luoghi, nelle varie ore del giorno e con i differenti compagni.
In pratica sta introducendo (non so se qualcuno lo abbia fatto in maniera così esplicita prima di lui, forse gli stoici) il concetto di journaling, di diario di bordo della giornata, di analisi quotidiana di come stiamo, di introspezione.
Altro aspetto emerso dagli studi e dalle interviste effettuate su un largo campione è che anche la salute fisica migliora quando si è concentrati su un obiettivo. Gli studi fanno emergere che nel fine settimana, quando si è più soli e senza nulla da fare, è più facile far insorgere sintomi di malattia.
Ma il punto che ho ritenuto centrale è che:
ciascuna delle attività che generano flow richiede un investimento iniziale di attenzione prima che possa dare piacere. Occorre questa «energia di attivazione» a perdere per godere di attività complesse. Se una persona è troppo stanca, ansiosa, o se le manca la disciplina necessaria per superare quell’ostacolo iniziale, dovrà accontentarsi di qualcosa che, sebbene meno piacevole, risulta più accessibile. Ed è qui che entrano in gioco le attività di «svago passivo».
Questo concetto è davvero un pilastro della produttività e del miglioramento personale, trovato in innumerevoli libri e che si potrebbe riassumere nel celebre: no pain no gain.
Tutto ha bisogno di sforzo, sacrificio e una buona dose di curiosità.
Un buon mix di sforzo, di piccole sfide quotidiane sono alla base di una vita piena di soddisfazioni.
Purtroppo il mondo che abbiamo costruito ci serve sempre più cose di facile portata, con facili ed immediate gratificazioni, dal piacere momentaneo ed effimero.
Flow, Psicologia dell’esperienza ottimale rimane quindi un ottima lettura soprattutto se si vuole entrare nel mondo della psicologia comportamentale dalla porta principale e leggendone le basi.
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